Notiziario Stop Pesticidi
Come si sta evolvendo il consumo e l'uso dei suoli nelle zone della DOCG "del Prosecco"? Una risposta, molto dettagliata, la possiamo trovare in questa ricerca condotta da Matteo Basso dello IUAV di Venezia su dati ufficiali e pubblici, che qui pubblichiamo in una versione sintetica. Il quadro che ne deriva, come si può comprendere anche visivamente dalle ottime cartine allegate allo studio, è di una impressionante "avanzata" dei vigneti dentro ( e fuori ) la Docg con caratteristiche oramai non più confutabili di una "monocoltura" invasiva e totalitaria.
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CAMBIAMO TUTTO PER NON CAMBIARE PIANETA!
GRANDI OPERE ANTIECONOMICHE E ANTIECOLOGICHE: A CHI SERVONO?
Viviamo nell’era dei megaprogetti, che ormai costituiscono “il più grande boom degli investimenti nella storia umana”: sotto l’egida di una politica sviluppista vengono spese cifre abnormi nel tentativo di forzare la crescita economica; infrastrutture e opere stradali rientrano in questo quadro e hanno un ruolo predominante. Si giustificano dicendo che la crescita del PIL porterà sicuramente benessere per tutti: ma si tratta di una miserabile fabulazione che è stata ampiamente smentita da una vastissima letteratura scientifica internazionale, e perfino a livello istituzionale europeo.
La costruzione dell’autostrada Pedemontana si prefigura come l’ennesimo atto predatorio nei confronti dell’ ecosistema e delle casse regionali e statali, funzionale al profitto di pochi, nel contesto di un sistema clientelare già visto durante la costruzione del Mose e altre grandi opere.
Il progetto della SPV è stato attivato qualificandola abusivamente come Opera Strategica d’Interesse Nazionale, decretando arbitrariamente lo stato di emergenza (che dovrebbe riguardare le grandi calamità), alterando le previsioni dei flussi di traffico, aggirando le procedure ordinarie di valutazione dell’impatto ambientale.
Il progetto era stato concepito come project financing, finanziato principalmente da capitali privati, ma il costruttore (SIS) si è dimostrato inadempiente e incapace di sostenere economicamente il progetto. Quindi la Regione si è impegnata a garantire al costruttore privato un contributo in conto capitale fino a circa 915 milioni di euro su un costo di costruzione previsto di 2,25 miliardi, e a fornire un canone mensile per i prossimi 39 anni il cui importo complessivo arriva a 12,1 miliardi in favore del costruttore!
In pratica l’azienda ottiene profitti sicuri e non rischia nulla, mentre il rischio d’impresa ricade unicamente sulla Regione, cioè sui cittadini veneti, il cui futuro è vincolato per 39 anni, con tutti gli oneri e le incertezze a carico, prefigurando un quadro economico insostenibile.
Questo schema nelle linee generali è tipico di molte grandi opere superflue: prive di utilità sociale (o comunque con un bilancio costi-benefici fortemente negativo), servono prioritariamente per canalizzare risorse pubbliche verso le imprese private, garantendo ingenti profitti blindati al di fuori del mercato.
In aggiunta questo modello invasivo di depredazione minaccia anche nel nostro territorio gli ecosistemi che sostengono la rete della vita, con contraccolpi molto pesanti: inquinamento delle falde acquifere ( come nel caso dei Pfas), saccheggio del fiume Piave, consumo di suolo, inquinamento di aria e terra (con l’agricoltura intensiva del prosecco, ma non solo), accelerazione dell’effetto – serra (combustibili fossili e ciclo della carne tra i principali responsabili)… come se non bastasse, in nome di una crescita pretestuosa (ma di fatto sempre più antieconomica ed antiecologica), vorrebbero realizzare nuovi pirogassificatori, espansioni aeroportuali, ulteriori allevamenti, ancora infrastrutture e urbanizzazioni…
Tutto questo si configura come un’aggressione alla rete della vita, risultante da due movimenti convergenti: da una parte le risorse economiche vengono sottratte al settore pubblico in favore del privato (tramite project financing di comodo, sussidi, agevolazioni fiscali), dall’altra i beni comuni come aria, acqua e risorse naturali in genere sono depredati o manomessi, mettendo a rischio la vita delle persone che vivono quei territori (appropriazione di natura a costo zero per le imprese, che inoltre scaricano sulla collettività le cosiddette esternalità negative).
A tutto ciò crediamo sia necessario contrapporre una risposta collettiva, mettendo in connessione tutte quelle esperienze che si sono mobilitate per difendere il territorio da opere inutili.
Proponiamo ai cittadini, ai comitati, alle associazioni, due giorni di conferenze e incontri per controinformare, individuare obiettivi comuni, scambiare idee ed esperienze per salvaguardare la nostra Terra, il nostro territorio e i suoi abitanti.
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Vi invitiamo alla lettura di questo articolo pubblicato su www.eddyburg.it
Fatte le debite proporzioni e variazioni di luogo, ritengo che si possa dire che lo scopo sia lo stesso anche per ciò che ci riguarda da vicino.
A proposito del porto di Liverpool, Patrimonio dell'Umanità dal 2004, queste sono, fuori dai denti, le verità non proprio nascoste ...
Il nostro scopo, è di creare una world class destination, ha detto il presidente di Peel Group, la società di investimento immobiliare che ha acquisito la proprietà dei terreni. Chi viene a visitare la città, ha aggiunto, “non viene a vedere il certificato dell’Unesco appeso alla parete del mio ufficio... viene a vedere una città dinamica e vibrante e… comunque non possiamo sospendere i progetti di sviluppo, perché significherebbe inviare un messaggio sbagliato agli investitori, perdere posti di lavoro e metterci a rischio di costose vertenze legali con i developers”
L’Unesco ed i siti patrimonio dei tour operators
Qualche mese fa, il centro storico di Vienna, che nel 2001 era stato incluso dall’Unesco tra i siti patrimonio dell’umanità, è stato declassato a sito a rischio, perché deturpato da un nuovo complesso edilizio alto sessanta sei metri. La notizia non ha destato grande scalpore, né le istituzioni locali sembrano molto preoccupate. Come ha detto il rappresentante dell’ente per la promozione del turismo, “ci dispiace, ma siamo tranquilli, perché la decisione non avrà ripercussioni sul numero di turisti in arrivo”.
Ancora più sprezzanti nei confronti delle valutazioni dell’Unesco sembrano le autorità di Liverpool, il cui porto mercantile, che era stato dichiarato patrimonio dell’umanità nel 2004, in quanto “supremo esempio di porto commerciale ai tempi della più grande influenza globale della Gran Bretagna”, è stato retrocesso nel 2012 nella categoria dei siti a rischio, a causa del progetto di valorizzazione dei suoi sessanta ettari di superficie con una serie di enormi costruzioni “ispirate alla architetture di Shanghai”.
Il nostro scopo, è di creare una world class destination, ha detto il presidente di Peel Group, la società di investimento immobiliare che ha acquisito la proprietà dei terreni. Chi viene a visitare la città, ha aggiunto, “non viene a vedere il certificato dell’Unesco appeso alla parete del mio ufficio... viene a vedere una città dinamica e vibrante e… comunque non possiamo sospendere i progetti di sviluppo, perché significherebbe inviare un messaggio sbagliato agli investitori, perdere posti di lavoro e metterci a rischio di costose vertenze legali con i developers”.
Diversamente da Vienna e Liverpool che, dopo avere usato il brand Unesco per le loro campagne di marketing, sono disposte a rinunciarvi per non scoraggiare gli speculatori finanziari e immobiliari, Venezia è riuscita nell’impresa di conservare il marchio di qualità Unesco e di disattenderne tutte le raccomandazioni.
La risoluzione del luglio 2016, con la quale l’Unesco sollecitava il governo italiano e il comune di Venezia ad adottare misure concrete per mitigare i problemi che attanagliano la città e la laguna e preannunciava che, in assenza di sostanziali progressi entro il 1 febbraio 2017, avrebbe considerato l’eventualità di porre Venezia nella lista dei siti a rischio, suscitò, oltre che l’attenzione della stampa di tutto il mondo, l’immediata reazione del sindaco Brugnaro che dichiarò “ne abbiamo le scatole piene … siamo stufi di critiche aristocratiche”. Poi, però, il sindaco ci ha ripensato, ed ha deciso di trasformare la minaccia da problema in opportunità. Ad un anno di distanza, dobbiamo riconoscere che l’operazione gli è riuscita perfettamente: si è fatto dare molti soldi dal governo, ha portato avanti una serie di progetti che vanno nella direzione opposta da quella auspicata dall’Unesco ed ha ridicolizzato l’organizzazione internazionale.
L’Unesco aveva identificato quattro principali fenomeni che stanno distruggendo la città e la Laguna - turismo, grandi navi, grandi opere, moto ondoso - e per ognuno di essi ci chiedeva concreti interventi, cioè l’adozione di un piano per ridurre la sproporzione tra la quantità di turisti e la popolazione residente; la proibizione per le grandi navi passeggeri e commerciali dell’entrata in Laguna; la sospensione dei progetti di nuove grandi opere infrastrutturali, in primis l’ampliamento dell’aeroporto e il porto offshore; l’introduzione, e l’osservanza, di limiti al traffico acqueo, sia in termini di velocità che di tipo di scafi.
Su tutti i quattro punti l’amministrazione è intervenuta, come dice il sindaco, “con fatti e non chiacchiere”. Per quanto riguarda il turismo, il comune, prendendo atto che la domanda è in crescita costante, da un lato si adopera per aumentarla ulteriormente, ad esempio sollecitando e stipulando accordi con i tour operators cinesi, dall’altro continua ad ampliare l’offerta ricettiva con la costruzione di migliaia di nuovi posti letto, spalmati in tutto il territorio comunale secondo una zonizzazione che prevede per ogni tipologia di turista la localizzazione adeguata alla sua capacità di spesa. Quindi i molto, molto ricchi andranno nelle isole della laguna privatizzate e sottratte ai cittadini normali; i semplicemente ricchi al Lido e nei palazzi lungo il Canal Grande; i mediamente dotati di denaro nella parti della città più discoste da san Marco e dalle grandi attrazioni; i low budget infine, attorno alla stazione di Mestre e sulla gronda lagunare.
E siccome l’Unesco non chiedeva misure scoordinate, ma un piano, il comune ha adottato il DMP, “Destination Management Plan della destinazione turistica Venezia e Laguna”, per il triennio 2016-2018. Si tratta di uno strumento inventato dalla regione Veneto (che ha individuato nel suo territorio tredici destinazioni turistiche) che, di fatto, altera il sistema pianificatorio.
Da un lato, al DPM, che diventa il principale strumento di “gestione strategica del territorio in funzione dello “sviluppo, gestione e marketing del turismo e della sua economia”, viene demandata” l’individuazione delle decisioni strategiche, organizzative e operative attraverso le quali deve essere gestito il processo di definizione, promozione e commercializzazione dei prodotti turistici espressi dal territorio veneziano al fine di generare flussi turistici di incoming equilibrati, sostenibili e adeguati alle esigenze economiche degli attori coinvolti”.
Dall’altro il DPM, essendo adottato dagli “attori pubblici e privati che partecipano all’"Organizzazione di gestione della destinazione turistica", presieduta dal comune di Venezia e della quale fanno parte affittacamere e albergatori, commercianti ed esercenti, artigiani ed industriali, esclude da ogni decisione relativa al territorio chiunque non eserciti un’attività economica legata al turismo. Per i cittadini che non beneficiano del business turismo (e che potremmo chiamare i “senza turismo”) sono previsti solo aumenti di tasse e tagli di servizi.
“Via le grandi navi dal bacino di San Marco”, mentre la richiesta dell’Unesco era “via le grandi navi dalla laguna”, è poi l’astuto slogan al cui riparo il comune continua a promuovere progetti per nuovi scavi e nuovi terminal in laguna e a slogan e annunci pubblicitari, come l’operazione “onda zero”, si riducono anche le misure per contenere il moto ondoso.
Su tutti questi fronti, e soprattutto su quello delle grandi opere infrastrutturali, il sindaco ha anche abilmente negoziato con il governo Renzi, con il quale ha firmato, il 26 novembre 2016, il cosiddetto patto per Venezia che destina circa quattrocento cinquanta sette milioni di euro per “il rilancio della città”. Un successo che Brugnaro ha commentato cosi: “il progetto per questa città lo abbiamo delineato chiaramente e parla dello sviluppo delle sue infrastrutture: porto, aeroporto, ferrovie, connettività e fibra ottica, perché se riparte Venezia possiamo dare il segnale che può ripartire l'Italia. Venezia si è rimessa in moto, adesso ha bisogno di persone lungimiranti che vogliano investire”.
Dopo di che il sindaco ha messo tutto in un dossier, è andato a Parigi per “dettagliare i progressi per la rivitalizzazione della città” e l’Unesco, riconoscendo “i progressi ed i risultati raggiunti”, ha rinviato ogni decisione.
Al ritorno dalla vittoriosa spedizione e giustamente fiero del risultato, il sindaco ha annunciato che nel gennaio 2018 Venezia ospiterà in palazzo Ducale un grande evento, per inaugurare l’anno del “turismo cinese in Europa”, al quale interverranno le maggiori autorità politiche cinesi ed europee, oltre a delegazioni di tour operator. L’iniziativa ha avuto l’immediato plauso del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che è venuto a Venezia per congratularsi e, abbracciando Brugnaro, ha detto: vorrei vedere meno acciaio e più turisti cinesi.
Non sappiano se l’Unesco figura tra gli invitati alla cerimonia in palazzo Ducale. Sappiamo però che l’assessore al turismo si è recata in missione promozionale in Cina e che stiamo lavorando per ottenere la cosiddetta “welcome chinese certification”, cioè il riconoscimento di destinazione chinese tourist friendly. Per i cittadini è una consolazione sapere che se mai dovessimo perdere il marchio Unesco ci rimarrebbe il certificato cinese, ma siamo fiduciosi che il nostro sindaco smart riuscirà a cumularli.
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TUTTI PRONTI PER PARTECIPARE AL TWITTER STORM DI OGGI DALLE ORE 11.00 ALLE 15.00 PER DIRE NO AL GLIFOSATO!
INSIEME E' POSSIBILE!
Il prossimo 5 e 6 ottobre la Commissione UE dovrà prendere una decisione in merito al rinnovo dell’autorizzazione del glifosato.
Siamo arrivati a questo momento decisivo dopo mesi di mobilitazione di tutta la Coalizione europea ed italiana che ha raccolto in pochi mesi oltre 1,3 milioni di firme per la petizione ECI e 2.049.804 firme per la petizione lanciata da AVAAZ (oggi partner della Coalizione italiana #StopGlifosato).
Fino ad oggi l’Italia è stata determinante nel rinvio della decisione finale sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato, con il voto contrario e l’astensione del nostro Governo che ha consentito di non raggiungere una maggioranza qualificata favorevole al rinnovo.
Anche nella riunione del prossimo 5 e 6 ottobre la posizione del Governo italiano è decisiva e determinante, dopo l’annuncio del voto contrario da parte della Francia e l’indecisione della Germania e degli altri paesi europei.
La recente notizia dell’influenza della multinazionale Monsanto sul parere dell’EFSA in merito alla pericolosità del Glifosato per la salute umana richiede a nostro parere un chiarimento urgente sull’attendibilità dei rapporti tecnici a cui la Commissione UE e gli Stati membri dell’Unione fanno riferimento per la loro decisione finale. Ricordiamo che proprio il parere dell’EFSA, smentendo il precedente parere dello IARC che aveva dichiarato il Glifosato potenzialmente cancerogeno per l’uomo, ha determinato ad oggi il rinvio della decisione finale della Commissione sul rinnovo o meno dell’autorizzazione all’uso del diserbante.
Come Coalizione italiana #StopGlifosato abbiamo chiesto alla Commissione UE l’apertura di una inchiesta sull’operato dell’EFSA ed al Governo italiano una conferma del proprio voto contrario ad ogni ipotesi di rinnovo dell’autorizzazione. L’equilibrio alla vigilia della riunione del 5 e 6 ottobre resta precario e non si esclude un ulteriore rinvio della decisione finale con proroga dell’autorizzazione per l’uso del diserbante.
Dobbiamo per questo far sentire forte la nostra voce e quella dei tanti cittadini italiani contrari al rinnovo dell’autorizzazione all’uso del Glifosato con un Twitter Storm alla vigilia della riunione decisiva del 5 e 6 ottobre, per rinforzare l’azione di lobby sulle Istituzioni europee e nazionali che stiamo svolgendo come Coalizione #StopGlifosato.
Per partecipare al TWITTER STORM #StopGlifosato scarica il vademecum con le istruzioni (http://www.stopglifosato.it/…/Vademecun-Twitter-Storm-StopG…) e i banner della campagna da diffondere sui social network (http://www.stopglifosato.it/comunicazione/materiali/).
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Con la sottoscrizione del documento costitutivo si è formalmente costitutito e Revine Lago, il 29 giugno 2017, il Comitato Marcia Stop Pesticidi.
Il Comitato è l’insieme dei volontari che condividono il documento costitutivo e partecipano individualmente alla promozione e alla organizzazione, annualmente, della Marcia Stop Pesticidi Cison Follina, secondo i principi ispiratori che sono: l'applicazione del principio di precauzione, il potenziamento di tutti gli strumenti di controllo e salvaguardia del territorio, l'eliminazione degli incentivi economici alle produzioni intensive, il sostegno all'agricoltura naturale e biologica e la costituzione di biodistretti, nel rispetto della biodiversità.
Il Comitato ha come organo sovrano e decisionale l’Assemblea dei volontari.
L’obiettivo che proponiamo a tutti i sostenitori è di riunire 50 soci volontari per la prossima Marcia 2018.
Apriamo quindi a partire dai prossimi giorni una campagna di adesione in tutto il territorio. Chi vuole aderire come volontario al Comitato può presentare una richiesta ai Copresidenti, via email o direttamente a voce. Sarà poi l'Assemblea a deliberare e ratificare le adesioni.
Il Comitato istituirà un libro soci, nonché un libro dei verbali delle riunioni.
Il Comitato istituirà un proprio archivio per tutti i documenti, gli atti e le deliberazioni.
Tutti i volontari sono informati sulle attività generali ed in particolare sulla convocazione delle riunioni, tramite la rete mail del Comitato e il Bollettino del sito.
Il Comitato utilizza per la comunicazione il proprio sito internet (marciastoppesticidi.it ) e la pagina facebook
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Cari amici di Parcines,
abbiamo letto le notizie sul grave atto intimidatorio che avete subito pochi giorni fa, dove sconosciuti hanno causato gravi danni spargendo un potente diserbante in alcuni meleti. Vogliamo farvi sapere che siamo al vostro fianco nella scelta di trasformazione dei meleti in meleti coltivati in modo naturale e biologico. Il vile attacco che avete subito non vi fermerà e dimostra che esistono delinquenti senza scrupoli che usano i pesticidi come armi contro gli agricoltori che scelgono di coltivare la terra in modo etico, rispettando l'ambiente e chi ci vive.
La nostra prima Marcia Stop Pesticidi da Cison di Valmarino a Follina (TV) è iniziata il 28 maggio scorso e non si fermerà. Siamo un popolo in cammino e intendiamo rivendicare con forza il diritto di vivere in un ambiente sano e di alimentarci con cibo sano. E' un diritto sancito dalla Costituzione ma disatteso e troppo spesso violato.
Vogliamo unirci a tutti i cittadini e organizzazioni che in Europa e nel mondo lottano per la salvaguardia ambientale e per una Nuova Agricoltura libera dai veleni.
Insieme al nostro abbraccio solidale vi inviamo la nostra disponibilità a collaborare con voi in future scelte e azioni e vi invitiamo a partecipare alla Marcia del 20 maggio 2018
Con affetto,
il Comitato Marcia Stop pesticidi
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