I dati pubblicati annualmente da ARPAV dicono, e confermano ogni anno, che Verona è la provincia che fa più uso di pesticidi (lì chiamati fitofarmaci), con il 45% sul totale del Veneto, seguita da Treviso con circa il 25%.

La sezione di “Medici per l’Ambiente” di Verona ha deciso, nel 2021, di fare un’indagine per capire dove vanno a finire queste sostanze. La ricerca, eseguita da un gruppo di esperti, ha selezionato 44 punti di campionamenti nell’intera provincia, individuando i giardini di case private, più o meno vicine alle campagne, come luoghi da monitorare. Di questi giardini, un giorno dell’estate 2021, si è preso un sacchetto di elementi vegetali costituito da erba e foglie di arbusti e di alberi del giardino, cioè da luoghi dove ci giocano bambini, si passano ore di relax - o di lavoro - luoghi che possono essere assimilati all’interno della propria casa.

Decidiamo cioè di esplorare il mondo della esposizione residenziale, della portata della deriva, sia per produrre nozioni altrimenti mancanti sia perché questo tipo di esposizione coinvolge una moltitudine di persone, anche quelle che abitano non vicinissime alle campagne, che sono, per lo più, ignare e indifese.

Abbiamo quindi diviso la provincia di Verona nelle sue diverse zone agricole, in base alle diverse colture: la vite per la maggior parte, i seminativi, i frutteti, le serre. Abbiamo calcolato un “coefficiente di trattamento” moltiplicando gli ettari dedicati ad una coltura per il numero di trattamenti previsti per essa.

Il campione è stato fatto analizzare da un laboratorio accreditato, il costo, notevole, è stato supportato con una raccolta di fondi “dal basso”. Per questo ringraziamo ancora una volta i sottoscrittori ed i volontari che hanno partecipato all’indagine mettendo a disposizione il proprio giardino. Il tutto è stato chiamato “VERONA CQ”, dove CQ sta per Controllo Qualità.

I dati dettagliati ci sono e sono attualmente in corso di pubblicazione su una rivista scientifica internazionale, quindi, diffondiamo per ora solo la sostanza dei risultati.

Il territorio è stato diviso in 4 fasce: nord vigneti, sud seminativi e tabacco, in centro le serre, in blu i frutteti (meleti, nello specifico).

Il risultato fondamentale è che su 44 campioni, distribuiti in tutta la provincia, solo 3 sono privi di pesticidi. Ma non sono quelli che prevedevamo, cioé in centro città o in montagna dove ci sono solo pascoli. Anche in questi luoghi ci sono tracce di pesticidi!

Il 30% ha 1 residuo, il 27% contiene 2 residui, il 16% 3 residui, l’11% 4 residui, il 2% contiene 5 residui, il 7% contiene 6 residui e infine il 7% non contiene nessun residuo. I pesticidi trovati sono 28, di diversi tipi.

Il FOLPET la fa da padrone, è presente in più della metà dei campioni. Il FOLPET presenta le seguenti frasi di pericolo: 1)H317, può provocare una reazione allergica cutanea, 2) H319, può provocare una grave irritazione oculare, 3) H351, è sospettato di provocare il cancro, 4) H400, molto tossico per gli organismi acquatici, 5) H411, tossico per gli organismi acquatici con effetti a lunga durata.

La figura che segue rappresenta la situazione:

La prima osservazione che balza agli occhi è che non ci sono zone veramente indenni. Sembra che in quel dato momento, pressoché in tutta la provincia, i giardini privati, senza distinzioni di sorta, siano stati pervasi da un aerosol di pesticidi.

Stiamo parlando di giardini privati, dove non esiste il criterio del LMR (limiti massimi raggiungibili) che può rendere accettabile la presenza di sostanze chimiche; qui, lo ripetiamo, si tratta di una parte del territorio che dovrebbe essere indenne da qualsiasi contaminazione, dove ci giocano i bambini, dove ci si rilassa e si crede di poter stare bene. Una proprietà privata, un luogo con un grado di intimità che non deve essere violato. In questo luogo il limite massimo accettabile dovrebbe essere ZERO.

Di fronte a questi risultati ci si pongono molte domande, riguardanti la salute, che sono:

È possibile una tale convivenza così ravvicinata?
Ci sono potenziali fattori di rischio per gli abitanti che vivono in tali zone?
Si sta facendo qualcosa di utile per la salute degli agricoltori e dei cittadini?

Altre domande sono più di tipo ecologico:

Biodiversità e agricoltura intensiva, binomio possibile?
In una prospettiva di futuro stiamo mettendo delle basi sostenibili?
Può continuare ad esistere questo modello di agricoltura nei nostri territori?
E cosa provoca, dove ci porta?

Ci sono anche domande che riguardano l’economia:

La salute e la biodiversità sono valori primari? Hanno loro stessi anche un valore economico?
L’immagine di un territorio può essere anche remunerativa?
Se un territorio fosse “biologico” quanto ne svilupperebbe l’economia?

Ci sono poi domande pratiche, di metodi:

Quali strumenti migliorativi, sia semplici che complessi, bisogna iniziare a mettere in atto? 
Da dove iniziare?
Come comunicare a cittadini, agricoltori ed istituzioni questa necessità?
Come prendere le dovute decisioni?
Possiamo avere fiducia in una via legale?
Che cosa hanno fatto finora le istituzioni sanitarie di prevenzione?
Ci stiamo muovendo nell’ottica espressa dal programma EU, contenuto nel Green Deal?

Riteniamo sia assolutamente necessario creare un confronto con le associazioni di categoria, nell’ottica del dialogo, della assunzione di responsabilità, della verifica di disponibilità a cambiare. E’ necessario anche una revisione dell'importanza dei valori che regolano le pratiche agricole, con l'avvio di ricerche in agroecologia e anche con finanziamenti adeguati ad un nuovo e diverso paradigma. Infine è necessario il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse per realizzare un progetto di trasformazione praticabile. Per esempio: agire presso i vari Consorzi di Tutela per promuovere il biologico; “educare” le amministrazioni affinchè applichino l’articolo 32 della Costituzione; aprire centri sperimentali in cui si studi l'agroecologia; dar vita ai biodistretti ; iniziare a realizzare una nuova zootecnia; ri-attivare i servizi di Igiene e prevenzione delle ASL in modo che salute ed ambiente siano non solo conosciuti ma DIFESI !

Purtroppo, nel 2016 sono stati venduti 380.000 kg (allora si usava anche il MANCOZEB, un altro funghicida, che ora è stato ritirato e probabilmente sostituito dal FOLPET).

Altra notizia preoccupante: nel protocollo di “lotta integrata” dei Consorzi Tutela Vino, mentre lo scorso anno si poteva utilizzare il FOLPET per 5 volte nella stagione, nel 2022 si utilizzerà 6 volte!

Se le misure di cui sopra non verranno urgentemente intraprese sarà difficile lasciare un ambiente sano alle generazioni che ci seguono.

Nel 2022 vogliamo proseguire questa ricerca, per poter approfondire e dare informazioni ancora più dettagliate. Per questo chiediamo a tutte le persone di sostenere, con una sottoscrizione, la prossima ricerca con un versamento a:

c.c. bancario intestato a Ass. Medici per l’Ambiente

BPER Banca - Fil. Arezzo - Corso Italia, 179 52100 Arezzo

IBAN IT56E0538714102000042121817

Nella causale riportare

CF del donatore e la dicitura “Erogazione liberale finalizzata Monitoraggio pesticidi Verona”

Grazie per la sensibilità dimostrata e l’aiuto concreto.

Per il “team Verona CQ” e ISDE Verona: Giovanni Beghini