Già molte decine di persone – scienziati e ricercatori indipendenti, docenti universitari e insegnanti, esponenti dei movimenti e della società civile – invitano a boicottare il vertice mondiale sull’agricoltura e l’alimentazione che si terrà a settembre a New York.
La petizione proposta dal Collettivo di Ricerca-Azione in Agroecologia si può firmare qui .
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In risposta alle crisi della fame, dell’obesità e di sistemi alimentari insostenibili, il Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari (UNFSS) del 2021 è stato ampiamente annunciato come un’opportunità per presentare “principi guida per i governi e le altre parti in causa che cercano di agire sui loro sistemi alimentari” per sostenere gli “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”.[1] Ma, fin dall’inizio, questo Summit è stato profondamente compromesso da un’esclusione imposta dall’alto di molti attori dei sistemi alimentari e da una visione impoverita di chi possieda una conoscenza del sistema alimentare davvero cruciale. Questo approccio esclusivista mina il lavoro costante di agricoltori e di lavoratori del settore agricolo e alimentare in tutto il mondo per realizzare le transizioni verso la giustizia e la sostenibilità.
Per questo motivo, scriviamo in qualità di ricercatori, docenti universitari ed educatori che lavorano nei vari contesti disciplinari che riguardano l’agricoltura e i sistemi alimentari per annunciare il nostro boicottaggio del Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari. Invitiamo voi, colleghi, collaboratori, studenti e insegnanti, a considerare l’idea di fare la stessa cosa.
Non siamo soli nella nostra critica. Tre relatori speciali delle Nazioni Unite per il diritto al cibo hanno reso note le loro opinioni critiche sulle profonde carenze del Summit. Il Meccanismo della Società Civile e dei Popoli Indigeni (Civil Society and Indigenous Peoples’ Mechanism – CSM) – che rappresenta più di 500 gruppi della società civile con oltre 300 milioni di membri – ha promesso di boicottare il Summit e di tenere una riunione parallela. Attualmente sono in corso di pubblicazione analisi più ampie e accademiche sul “quadro innovativo” del Summit e sulle sue contraddizioni rispetto all’evoluzione storica precedente.
È stata prestata molta attenzione alla mancanza di giustizia epistemica del Summit – la scarsa inclusione di diverse forme e comunità di conoscenza, dai popoli indigeni ai piccoli agricoltori.
Alcuni critici del Summit hanno suggerito modalità che potrebbero rendere meno problematico il processo:
(1) potrebbe incorporare un’inquadratura dei diritti umani in tutte le sue “linee d’azione” (action tracks);
(2) potrebbe creare una linea d’azione guidata dal Meccanismo della Società Civile e dei Popoli Indigeni sull’appropriazione dei sistemi alimentari da parte delle imprese;
(3) potrebbe designare il Comitato delle Nazioni Unite per la Sicurezza Alimentare Mondiale (CFS) come sede istituzionale per attuare le raccomandazioni che usciranno dal Summit. Non crediamo che questi cambiamenti renderebbero proficuo il Summit, ma potrebbero mitigare i suoi possibili peggiori effetti.
Offriamo solo una breve sintesi dei motivi per cui gli esperti dei sistemi alimentari dovrebbero prestare attenzione a questo dibattito e del perché sia importante rifiutare un processo che dichiara in modo assai discutibile di essere radicato nell’inclusività, nella fiducia e nella complessità.
In primo luogo, la tempistica dell’inclusione nell’organizzazione del Summit indica che i risultati del Summit stesso sono stati ampiamente predeterminati. Sebbene alcune persone di colore, alcune organizzazioni comunitarie ed esperti di tutte le discipline siano ora cordialmente invitati al tavolo, l’agenda e i temi del Summit sono stati definiti più di un anno fa dal World Economic Forum, dalla Bill and Melinda Gates Foundation e da alcuni scienziati ed economisti appositamente selezionati che hanno avviato il processo. I “diritti umani” come tematica di cui tenere conto sono stati aggiunti soltanto mesi dopo l’avvio dell’iter di preparazione del Summit. L’aggiunta di prospettive, conoscenze ed esperienze diverse in questa fase avanzata non fa che sfruttare il multiculturalismo per oscurare un processo escludente in cui le priorità sono state in gran parte definite in anticipo.
In secondo luogo, l’agricoltura ad alta intensità di conoscenza come l’agroecologia è stata finora ampiamente esclusa dalle discussioni per il Summit. Non sorprende che, dato il suddetto processo, un primo documento programmatico abbia menzionato l’agricoltura di precisione, l’ingegneria genetica e la raccolta dati come elementi chiave per affrontare la sicurezza alimentare, ma non abbia menzionato l’agroecologia, l’agricoltura biologica o le conoscenze ecologiche indigene. L’innovazione, in altre parole, viene definita in modo restrittivo sulla falsariga delle innovazioni presenti nel settore agroalimentare dominato dalle imprese. Ma, come ha recentemente sostenuto l’ex direttore generale della FAO José Graziano da Silva, “l’agroecologia non deve essere vista come un passo indietro che rifiuta le nuove tecnologie. È un modo diverso di produrre cibo che richiede innovazione, rispettando le condizioni locali e la partecipazione dei produttori al processo di innovazione”. L’agroecologia deve essere riconosciuta come un paradigma per trasformare i sistemi alimentari, accanto alla sovranità alimentare e al diritto umano al cibo.
In terzo luogo, il Comitato delle Nazioni Unite per la Sicurezza Alimentare Mondiale (CFS) ha già un forum internazionale per il dialogo partecipativo tra comunità che hanno competenze, posizioni e visioni del mondo differenti. Si chiama Meccanismo della Società Civile e dei Popoli Indigeni (Civil Society and Indigenous Peoples’ Mechanism – CSM). Il Summit sembra progettato per bypassare il CFS e il CSM, instaurando invece un nuovo processo “multi-attore” per “valutare potenziali compromessi e progettare opzioni politiche che garantiscano l’erogazione di molteplici beni pubblici in questi vari sistemi”, un processo che è stato avviato da – e continua ad essere dominato da – imprese e governi. Questo approccio multi-attore è stato ampiamente criticato nella comunità accademica per l’incapacità di far fronte a squilibri di potere e di legittimità tra le parti interessate e per i pochi meccanismi di assunzione di responsabilità relativamente alle promesse fatte o alle azioni intraprese.
In quarto luogo, il ruolo della dott.ssa Agnes Kalibata mette seriamente in dubbio la legittimità del Summit. L’ex ministro ruandese dell’agricoltura è presidente dell’Alleanza per una Rivoluzione Verde in Africa (Alliance for a Green Revolution in Africa – AGRA), finanziata da Gates. Fondata nel 2006, AGRA ha sostenuto l’apertura dell’Africa alle colture geneticamente modificate, ai pesticidi e ai fertilizzanti a base di combustibili fossili, alle varietà di sementi commerciali ad alto rendimento, alle tecnologie per la commercializzazione e ad altre peculiarità dell’agricoltura industriale. Nominando Kalibata come inviata speciale per l’UNFSS, le Nazioni Unite hanno dato all’AGRA, e all’industria agroalimentare, un accesso speciale alle trattative in corso in questo momento. Nel febbraio 2020, 176 gruppi della società civile che si occupano di agricoltura e di alimentazione si sono opposti alla nomina di Kalibata denunciando un grave conflitto di interessi. Ciò sottolinea il fatto che molti leader dell’UNFSS sono affiliati ad influenti gruppi del mondo delle grandi imprese e più in generale del mondo scientifico mainstream.
Ora, mentre centinaia di agricoltori e di gruppi per i diritti umani progettano di boicottare il Summit, si sta delineando una narrazione pro-UNFSS che mette “esperti scientifici” razionali contro attivisti iperbolici e ONG dissidenti. Da scienziati che lavorano nel campo dell’agricoltura e dell’alimentazione, chiediamo ai nostri colleghi e collaboratori di trovare il tempo per rispondere ad alcune domande: quale conoscenza è importante per definire la politica alimentare globale, e chi ne è depositario? Chi viene riconosciuto come esperto dall’UNFSS – e quando? Mentre gli organizzatori del Summit ora affermano che stanno invitando tutti al tavolo, bisogna interrogarsi su chi ha apparecchiato quel tavolo, e a che scopo. Alla fine, a chi spetta decidere cosa si mangia?
Sulla base di quanto sopra, ti consigliamo di intraprendere le seguenti azioni:
- Se sei coinvolto in dialoghi o in linee d’azione (action tracks) relativi al Summit o sei invitato a partecipare ai suoi processi, interagisci in modo critico e prendi in considerazione la possibilità di un’azione di boicottaggio se non vengono soddisfatte le richieste di chi sollecita una governance basata sui diritti e la giustizia epistemica.
- Se sei un insegnante e tieni lezioni sul Summit, dai spazio al dibattito (vedi anche qui, qui e qui )
- Se partecipi a gruppi di lavoro, workshop o altri eventi sul Summit, insisti perché si mettano al centro una governance basata sui diritti e la giustizia epistemica.
- Se stai scrivendo sul Summit, includi voci critiche di contadini/ piccoli proprietari e indigeni. Assicurati di prendere in considerazione le domande formulate sopra.
- Se stai lavorando sulle questioni del Summit con qualche movimento, innalza il livello delle loro prospettive e conoscenze.
- Se stai boicottando o resistendo in altro modo all’UNFSS, prendi in considerazione la possibilità di lavorare con altri! Più di 550 organizzazioni e reti hanno chiesto al Summit di annullare il partenariato tra il Forum Economico Mondiale (World Economic Forum – WEF) e le Nazioni Unite. I gruppi nordamericani includono: la Us Food Sovereignty Alliance, la Northeast Organic Farming Organization, la National Family Farm Coalition, l’Institute for Agriculture and Trade Policy, Friends of the MST, l’Oakland Institute, i membri di La Via Campesina North America e molti altri.
Seguono le firme di una lunga serie di membri del Collettivo di Ricerca-Azione in Agroecologia
Fonte: “Scientists Boycott the 2021 UN Food Systems Summit”.
Traduzione a cura di Camminardomandando.