Quando lo scorso dicembre, pochi giorni dopo la sentenza, Lisa del Comitato Marcia Stop Pesticidi mi telefonò per chiedermi se potevo raccontare in una lettera ai volontari e agli amici del Comitato la nostra vicenda, in verità - oggi lo riconosco - avevo bisogno che me lo chiedesse. Tanta era l’amarezza, mia e dei miei vicini, che non poteva essere ancora trattenuta, chiedeva di essere comunicata, ascoltata, accolta. Sentivamo quella sentenza come unilaterale, ingiusta, incapace di cogliere alcunché del nostro punto di vista, e lontana, lontanissima dal nostro vissuto accanto a quel bosco per noi prezioso, ridotto invece dalle parole dei giudici a una “neoformazione di piante infestanti” “che non rivestono alcun pregio”.
La sentenza poi era stata solo l’ultimo atto di una vicenda tutta amara, raccontata diffusamente nella nostra precedente lettera, che ci aveva portato a una progressiva demolizione della nostra visione semplicistica e ingenua del territorio e degli interessi che ne stanno decidendo le sorti. All’indomani di quella sentenza ci sentivamo soli, forse come mai prima. Avevamo bisogno quindi che qualcuno ci chiedesse di parlare di noi, che qualcuno ci ascoltasse, che finalmente qualcuno capisse. Per questo abbiamo scritto.
Dopo la pubblicazione della lettera, è arrivata la decisione del Comitato Marcia Stop Pesticidi di far partire una raccolta fondi a nostro sostegno. E’ stata una sorpresa, un dono totalmente gratuito, non richiesto, improvviso. E quel dono era la conferma di qualcosa che già c’era, che anzi c’è stato fin dal principio: la conferma che non eravamo soli, il popolo della Marcia era con noi.
La storia di questa raccolta fondi andrebbe raccontata, perché è fatta di tanti episodi che mai avremmo pensato di vivere nella vita. Davvero la solidarietà o, per chi è credente, la Provvidenza hanno una fantasia enorme! In due mesi più di cento donazioni, piccole e grandi somme, da chiunque: da anziani e da ragazzi, da famiglie, da agricoltori, da professionisti, da amici e da sconosciuti, da associazioni, da gruppi di lotta, da persone del nostro territorio e da lontani, che chissà come avevano saputo di noi e che, per le misteriose vie che ha la vita, ci avevano collegato a un loro vissuto, ci avevano compreso, com-patito e ci volevano sostenere. Si è manifestato così per la seconda volta per noi (la prima era stata nella manifestazione per il bosco del 1° agosto 2019) il popolo della Marcia: un popolo trasversale, senza bandiere o con mille bandiere, vicino e solidale. La sua comprensione, il suo enorme abbraccio e più ancora l’identificarsi di così tanti nella nostra vicenda e nella nostra indignazione ci hanno strappato dalla solitudine.
A fine febbraio il popolo della Marcia ha raccolto 12.180 euro per noi. Centinaia di rivoli hanno fatto un mare.
Grazie. A tutti. Uno per uno.
Abbiamo utilizzato i soldi raccolti per pagare, per ora, una parte del risarcimento delle spese legali sentenziate.
La rimanente parte della somma, dopo lunga riflessione, abbiamo deciso di impiegarla per presentare ricorso al Consiglio di Stato. Ci è parso così di interpretare nel modo più fedele il senso dello stringersi di così tante persone attorno a noi. Ci è parso infatti che il sostegno di questo popolo fosse un incoraggiamento, un invito, forse anche un mandato: a continuare a lottare per il bosco, per la salute delle nostre famiglie, per i nostri figli, per il futuro del nostro territorio. Possiamo farlo, non siamo soli.
Quel bosco non era una “neoformazione di piante infestanti” di “nessun pregio”, era un bosco, niente di meno di un bosco, come Natura lo ha fatto.
Come non avvertire il valore sociale di quel bosco nel centro di un paese assediato da una monocoltura dilagante, che ha occupato i nostri prati e assediato le nostre case? Come non avvertire la preziosità di quel respiro di vita prossimo alle abitazioni? Come non cogliere il suo valore sociale, educativo, ambientale? Invece “infestante” e “di nessun pregio”: così lo hanno catalogato. Un bosco infestante e di nessun pregio che però ha radunato quasi 500 persone il 1° agosto 2019, scosse, indignate, ferite dal suo sradicamento dal cuore di un paese.
Grazie a tutti voi che ci avete sostenuto.
Le tre famiglie di Premaor. Miane TV